Mare molto mosso, con moto ondoso in aumento (Poesia di Marco Cornaglia)
“Si può fare!” ha sempre detto,
ma il novello chierichetto
con la sua giaculatoria
non parlava di vittoria,
ma di far la via più dritta
verso un’epocal sconfitta
del nuovissimo partito
democratico ed unito.
Trionfator delle primarie,
essenziali, necessarie
per spazzar le oligarchie,
con tre splendide magie
ha già reso morituro
il partito del futuro.
Con Rutelli in tutti i modi
delegittimando Prodi
ne ha causato la caduta
con la prospettiva astuta
di alleanze “nuovo conio”:
“A sinistra c’è il demonio
mentre a destra c’è Casini
con i suoi caltagirini!”
Formalmente fu Mastella
a cacciare Mortadella,
ma è in realtà grazie al Pd
che il governo suo finì.
Dopo il primo risultato
lo stratega si è esaltato:
“Senza lacci né lacciuoli
andiam liberi, non soli!
Procediam senza alleanze
verso i sogni e le speranze
di un bellissimo futuro.
Basta al muro contro muro,
al conflitto d’interessi,
alle accuse ed ai processi,
alle demonizzazioni
del rivale Berlusconi!”
Poi si sa com’è finita:
la Sinistra è, ahimé, sparita
e i tre voti presi lì
non servirono al Pd
che dal Centro, dove andò,
nessun voto raccattò.
Può bastare? No, perché
dopo il due vien sempre il tre
ed il boss del Pd in coma
come sindaco di Roma
ha voluto il baciapile
galoppino vescovile
che a sinistra, ben si sa,
neanche un voto prenderà.
E distrutto fu Rutelli…
Da tre mosse tre sfracelli
Mentre a destra s’alzo il canto:
“Walter sia subito santo!”
Sembrerebbe sufficiente
per far incazzar la gente,
ma non è finita qui
la rovina del Pd.
C’è una barca con D’Alema
che col baffo al vento rema
per salvarlo dal naufragio.
“Cristo, manda un nubifragio!”
Art. di Peter Gomez
La netta sconfitta di Francesco Rutelli contro Gianni Alemanno nella corsa per la poltrona di sindaco di Roma è quanto di più positivo potesse accadere al centro-sinistra.
Arrivati a questo punto nessuno potrà più mettere in discussione la necessità di un totale rinnovamento delle classi dirigenti del Pd.
Rutelli infatti non ha perso perché Alemanno era un candidato migliore di lui, o perché nel paese soffia ormai un vento di destra.
La vittoria alle provinciali della Capitale di Nicola Zingaretti (ex Ds ora Pd), dimostra che il problema di Rutelli era quello di essere Rutelli.
La sua faccia, come quella di buona parte dei leader del Partito Democratico, non è più spendibile.
E non lo è da un pezzo.
La speranza è che Walter Veltroni, uscito debolissimo dalle consultazioni elettorali, se ne renda finalmente conto.
I primi segnali fanno però temere il peggio.
Veltroni è favorevole alla nomina come capigruppo di camera e senato del Pd di Antonello Soro e Anna Finocchiaro.
Cioè di due "vecchi" perdenti, la seconda dei quali, oltretutto, è riuscita a raccogliere nelle regionali siciliane più di 15 punti in meno rispetto a quanto avesse fatto, solo tre anni fa, Rita Borsellino.
C'è da augurarsi che la debacle romana, spinga ora a rimescolare le carte.
I capigruppo sono il biglietto da visita con cui ogni sera, nei tg delle 20, i partiti si presentano ai cittadini.
I programmi e le proposte contano, è vero. Ma le idee (che in questo caso sono tutt'altro che entusiasmanti) camminano sulle gambe degli uomini (e delle donne).
Non per nulla ormai sei anni fa Nanni Moretti diceva: «Con questi dirigenti non vinceremo mai». E oggi, visto che anche le elezioni del 2006 erano state solo pareggiate, credo che in pochi si sentano di dargli torto.
Il responso degli elettori è stato chiarissimo: per ricominciare il centrosinistra deve solo prenderne atto.
1 commento:
Articolo di Ritanna Armeni
Ritanna Armeni
Forse Veltroni rimarrà in sella ancora per qualche tempo, ma il veltronismo è finito. Ha esaurito in poche settimane la sua spinta propulsiva, ha cancellato il suo messaggio con una velocità insospettabile. Qual era il progetto politico che Walter Veltroni ha cercato di portare avanti ? Un partito democratico, a-ideologico, che superasse le distinzione fra destra e sinistra, aprisse al centro e rompesse con la sinistra radicale. E quindi anche con l'Unione di Romano Prodi che si fondava sull'alleanza fra questa, il centro e la sinistra riformista. Un partito che accettasse le regole del mercato, ma le moderasse, cercando di smussare gli angoli più duri della vita lavorativa con un minimo di solidarietà sociale. Che rendesse più "piacevole" la società, almeno per coloro che sono fuori dal bisogno, e che evitasse al bisogno di diventare una ferita sociale troppo pericolosa.
Su questo progetto Walter Veltroni ha ricevuto il consenso delle primarie e ha accelerato la caduta del governo Prodi.
Ma poi sono cominciati i guai. Il veltronismo non può che essere un progetto di governo. Nel suo dna non è contemplata l'opposizione, anche la più costruttiva delle opposizioni, semplicemente perché esso non comprende quel progetto diverso di società che è contenuto anche dalla più blanda proposta socialdemocratica.
La prima battaglia persa è stata quella per rinviare le elezioni cercando prima la riforma elettorale che avrebbe impedito (forse) una vittoria così netta del centrodestra. La destra si è opposta e con l'aiuto, in questo caso, di Pier Ferdinando Casini, ha impedito ogni rinvio dell'appuntamento elettorale.
Nella seconda battaglia, quella elettorale, è stato perso il governo. Il partito democratico spostato verso il centro ha ottenuto un obiettivo contraddittorio. Ha perso voti lì dove pensava di ottenerli ed ha bloccato l'emorragia grazie al voto utile proveniente dalla sinistra arcobaleno. Determinando, di fatto, la sua cancellazione da ogni rappresentanza parlamentare.
La fase tre è stata la tragica sconfitta romana. Dopo 15 anni di governo della sinistra il Campidoglio è stato consegnato a Gianni Alemanno di Alleanza nazionale. Per il Popolo della libertà una vittoria fino a qualche settimana fa insperata, e che è la sconfitta di un'altra faccia del Veltronismo.
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