giovedì 10 dicembre 2009

Un interessante articolo che per curiosità vi propongo

(da la Gazzetta del Mezzogiorno.it)
Mistero sulla Murgia
le auto a folle risalgono la pendenza
di Nicola Curci



POGGIORSINI - I fungaroli a caccia di cardoncelli e cosche passano davanti a un vecchio epitaffio sulla Murgia, a pochi chilometri in linea d’aria da Castel del Monte. Qualcuno si segna, un altro passa senza guardare. Molti non sanno nemmeno a cosa rimandi quella croce nera. Un luogo misterioso, quanto misconosciuto. Una caligine di mistero che protegge il dubbio.
Basta parcheggiare la macchina proprio davanti al cippo per rendersi conto che la logica della fisica tradizionale finisce davanti all’insostenibilità del portento. Motore spento, marcia in folle, nessun freno inserito ed anche un pesante autocarro inizierà a scalare a passo sostenuto quello che, anche il rigoroso livello a bolla d’aria, ci rivela essere un leggero pendio. Senza trucco e senza inganno.
Potere della suggestione o c’è dell’altro? Quello spicchio di steppa pugliese detta Murgia ha memoria di strane coincidenze, tutte marcate con decisione sul quaderno della storia.

L’incidente La lancetta dell’orologio del tempo si sposta indietro, alle 20,40 del 30 ottobre del 1972. È buio pesto quando un Fokker F27, il volo di linea 327 ATI proveniente da Roma verso Bari si schianta sulla Murgia, tra Corato e Poggiorsini, contro la stalla di un complesso colonico a Masserie Nuove. Perdono la vita 27 persone (22 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio). Salva per miracolo un’intera famiglia di coloni, quella del 51enne coratino Giuseppe Rutigliano, che pranzava con sua moglie, la 47enne Eugenia Tarantino, ed il piccolo Paolo, di soli 10 anni. Il Fokker termina la sua corsa distruggendo la stalla della masseria, uccidendo circa 200 tra pecore e vitelli. I cronisti, arrivati sul posto poco dopo i soccorsi, descrivono l’atmosfera come assolutamente surreale, stridente nei contrasti.
«Una scena terribile, - ricorda Antonello Ambruosi, all’epoca giovane cronista - una vera tragedia. Per superare il cordone di polizia e carabinieri dovemmo aggirare la masseria a piedi nel buio pesto. Ci capitò di passeggiare sui rottami nostro malgrado e, forse, di schiacciare anche qualche cadavere. Ma la scena più sinistra era costituita dalla visione delle pecore, nella stalla. Ancora su quattro zampe. Ma carbonizzate. Nessuno capì nulla di quello che era realmente accaduto, si fecero tante congetture. Ma il fatto restò avvolto nel mistero».
Per davvero. L’altimetro, che funzionava, segnalava la quota esatta, 1.450 piedi, ossia 460 metri sul livello del mare. Il bollettino meteo non parlava di turbolenze, il cielo stellato, la voce del pilota che aveva comunicato «pista in vista» a 50 km circa dall’atterraggio, nonostante le condizioni di visibilità ottimali. Tutte argomentazioni troppo stridenti con quello che accadde.
Si finì per dare la colpa al pilota, Giuseppe Cardona, palermitano, veterano del volo, il cui corpo venne trovato fuori dalla cabina, in prossimità della coda del velivolo, dando vita a congetture strane sugli ultimi istanti del Fokker. Poi ogni altra supposizione venne congelata. Ed il caso venne mandato in archivio.

Strane coincidenze Anche se nessuno mai si disse abbastanza soddisfatto dall’esito delle indagini parallele della Direzione aeroportuale di Bari e delle procure di Trani e Bari, coordinate dai magistrati Piccarreta e Bisceglia.
Erano, infatti, passati solo 17 giorni dal disastro aereo delle Ande, in cui perirono 29 persone a bordo del volo 571 della Fuerza Aerea Uruguaya che trasportava in Chile una squadra di rugby. La storia dei 16 sopravvissuti, salvati due mesi dopo, è arrivata a noi attraverso la cinematografia. Ma nessuno pensò che, anche per quel disastro, si trattava di un Fokker F27, attrezzato con un sistema di navigazione uguale a quello dell’incidente pugliese, il cosiddetto Vor (Vhf Omnidirectional Range), che ha costituito, fino alla rivoluzione del Gps, lo standard di navigazione aerea per voli a corto e medio raggio. Un sistema ritenuto sicuro, ma pur sempre condizionato dal magnetismo terrestre.
L’osservatorio Bendandi di Faenza, a tal proposito, parlò di influsso nefasto di una tempesta solare sulla sciagura del 30 ottobre, azzardando una congettura suggestiva per i tempi. Affascinante come quella del «disco rosso», un oggetto volante misterioso avvistato da un testimone a poche decine di minuti dalla caduta del Fokker nei cieli di Corato, dettaglio che venne inserito nel corposo faldone d’indagine dal direttore dell’aeroporto di Bari, Mario Cascella.
La seduzione misterica dei luoghi, poi, ha fatto il resto. A 200 metri dalla masseria centrata dall’aereo giace la necropoli di San Magno, misterioso complesso di tumuli funerari dell’Età del bronzo ancora parzialmente da indagare. L’occhio attento scorge in lontananza la sagoma inconfondibile del Castel del Monte, un’icona del dubbio ed un trattato architettonico di alchimia ed esoterismo. Ad un tiro di schioppo, la più grande polveriera d’Europa, quella di Poggiorsini, ed almeno tre siti nucleari. E, nella memoria collettiva, le tante storie di pastori che cianciano ancora di una grande collina cava, proprio tra le tante alture steppiche, un sesamo stipato di improbabili aggeggi.
Il mistero L’arcano resta in piedi gagliardo, anche grazie ad un autovettura che si muove da sola, in un luogo misterioso, nel cuore della Murgia nucleare. Potere della suggestione, o c’è davvero qualcosa di più?
«L’unico modo per fugare i dubbi - precisa Riccardo Losito, geologo andriese, profondo conoscitore della Murgia - è quella di procedere scientificamente, effettuando misurazioni sui luoghi e cercando di capire se siano o meno interessati da fenomeni di magnetismo terrestre. L’esistenza di un forte campo magnetico spiegherebbe tutto. Forse».
E forse qualcuno controllerà, incuriosito da questo intrigante patchwork che seduce e rimanda alla condizione oscura del mistero.
Già, il mistero, «la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza». Così, almeno, la pensava Albert Einstein.

Nessun commento: