[24/02/2010] “SUD USATO DA POLITICA SOLO COME COLLETTORE DI VOTI”
Dura accusa dei vescovi italiani, che firmano un documento sul Mezzogiorno e criticano le “classi dirigenti inadeguate”. Intanto la politica regionale ancora immersa nei veleni: Pdl accuse a Vendola
ROMA - Un nuovo documento sul Mezzogiorno: a firmarlo, questa volta, non sono i politici candidati alla prossima competizione elettorale regionale, ma i vescovi italiani, che, dopo vent’anni tornano ad affrontare il problema del Mezzogiorno, fornendo spunti che faranno capolinea nel dibattito.
Il testo del documento “Per un paese solidale. Chiesa Italiana e mezzogiorno” è molto duro e sottolinea come nell’attuale crisi politica e sociale, il Sud dell’Italia rischia di essere “tagliato fuori” dalla ridistribuzione delle risorse, e soprattutto di essere ridotto ad un “collettore di voti per disegni politici ed economici estranei al suo sviluppo”: una denuncia, che si accompagna alla definizione di una “classe dirigente inadeguata”, che amministra il Sud, e alla disapprovazione della malavita organizzata operante sul territorio e di tutte le forme di illecito e di corruzione perpetrate, che arrecano “un grave pregiudizio allo sviluppo economico, sociale e culturale” dell’area ed esautorano la presenza dello Stato.
I vescovi chiedono che si lavori ad un nuovo “senso civico”, ma soprattutto che si tenti di ricostruire la “necessaria solidarietà nazionale”: “Il complesso panorama politico ed economico nazionale e internazionale – si legge -, aggravato da una crisi che non si lascia facilmente descrivere e circoscrivere, ha fatto crescere l’egoismo, individuale e corporativo, un po’ in tutta l’Italia, con il rischio di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse, trasformandolo in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo”.
Secondo la Cei, la globalizzazione “ha messo ancor più a nudo la fragilità del territorio” e il Sud “ha recepito spesso acriticamente la modernizzazione, patendo lo sradicamento disordinato dei singoli soggetti da una civiltà contadina che, invece di essere distrutta, doveva evolversi attraverso un graduale rinnovamento e una seria modernizzazione”.
2 commenti:
(da Il Pese Nuovo.it)
Sud paralizzato da mafia politica e federalismo Giovedì 25 Febbraio 2010 07:51 Scritto da antonio.romano(di Franco Antonacci) -
Mezzogiorno umiliato, siamo con i vescovi. Dopo vent’anni dal primo nuovo documento della Cei su Chiesa e Mezzogiorno.
‘La criminalità non può dettare tempi e ritmi di economia meridionale’.
A chi dobbiamo credere? Al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ieri parlando delle regionali ha invocato la creazione dell’esercito del Bene opposto a quello del Male che vuole tornare a uno Stato di polizia. O anche alle dichiarazioni di qualche mese fa in cui auspicava di smettere con le fiction sulla Piovra che tanto danno hanno arrecato per la percezione che si ha dell’Italia all’estero. Oppure alla Cei, la Conferenza Episcopale Italiana che raccoglie i vescovi che ieri in un documento su Chiesa e Mezzogiorno, hanno lanciato l’ennesimo grido di allarme sulla mafia che paralizza il Mezzogiorno?
“La criminalità organizzata - afferma il documento Cei - non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese perché il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all’esautoramento, dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici, favorendo l’incremento della corruzione, della collusione e della concussione, alterando il mercato del lavoro, manipolando gli appalti, interferendo nelle scelte urbanistiche e nel sistema delle autorizzazioni e concessioni, contaminando l’intero territorio nazionale. Le organizzazioni mafiose - prosegue - hanno sviluppato attività economiche mantenendo al contempo ben collaudate forme arcaiche e violente di controllo sul territorio e sulla società”. Il documento, ovviamente, non si riferisce in particolare agli ultimi episodi, all’inchiesta sul riciclaggio con il coinvolgimento di grandi aziende delle telecomunicazioni e di politici ma a quanto sta emergendo, con preoccupazione, da qualche anno a questa parte nonostante che il governo Berlusconi rivendichi grandi successi a cominciare dalla quantità di beni sequestrati ai boss. Sequestri, però, che invece di piegare la criminalità organizzata sembra rigenerarla. Anzi appare un’arma spuntata perché capace di trasformarsi in società finanziaria capace di reinvestire grandi ricchezze liquide da un punto all’altro del pianeta, da un business all’altro anche grazie alla compiacenza dei colletti bianchi. Che leggi come quello sullo scudo fiscale invece di stroncare finiscono per aiutare.
Non si comprende, ad esempio, il grido di allarme di qualche giorno fa del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi sulle segnalazioni antiriciclaggio dall’attivazione dello scudo che hanno consentito il rientro di 95 miliardi di euro, a detta di Tremonti, molti di meno secondo altre fonti: appena 50 contro le precedenti 14mila.
Ancora una volta però, la ritirata dello Stato dal Mezzogiorno in termini di attenzione, aiuto e sicurezza crea problemi al resto dell’Italia. Avere sposato la linea della Lega Nord, ovvero di disinteressarsi del Mezzogiorno, portata avanti con caparbietà attraverso la riforma federalista, per concentrarsi solo sulla Padania si sta dimostrando una strategia di respiro sempre più corto che alcuni settori della maggioranza di centrodestra oggi al governo vorrebbero rivedere ma incapaci di raddrizzare proprio per il potere d’interdizione consegnato da Berlusconi nella mani della Lega.
(continua)
Tutto ciò, dunque, pone un grosso punto interrogativo su cosa ne sarà del Mezzogiorno non appena sarà compiutamente e definitivamente varato il modello federalista voluto da Bossi e compagni. I segnali di inquietudine sono molteplici. L’ultimo è il Rapporto della Fondazione Agnelli sulla scuola. E la Cei torna sull’argomento. “Un sano federalismo – dice - rappresenterebbe una sfida per il Mezzogiorno e potrebbe risolversi a suo vantaggio se riuscisse a stimolare una spinta virtuosa nel bonificare il sistema dei rapporti sociali, soprattutto attraverso l’azione dei governi regionali e municipli, nel rendersi direttamente responsabili della qualità dei servizi erogati ai cittadini, agendo sulla gestione della leva fiscale. Invece - prosegue il documento Cei - un Mezzogiorno umiliato impoverisce e rende più piccola tutta l’Italia. Per non perpetuare un approccio assistenzialistico alle difficoltà del Meridione occorre promuovere la necessaria solidarietà naziionale e lo scambio di uomini, idee e risorse tra le diverse parti del Paese. La prospettiva di riarticolare l’assetto del Paese in senso federale costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra e diverse parti d’Italia. Invece potrebbe rappresentare un passo verso una democrazia sostanziale se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all’interno di un gioco di squadra. Un tale federalismo, solidale, realistico e unitario rafforzerebbe l’unità del Paese rinnovando il modo di concorrervi da parte delle diverse realtà regionali, nella consapevolezza dell’interdipendenza crescente in un mondo globalizzato”. Tuttavia secondo i vescovi “la corretta applicazione del federalismo fiscale non sarà sufficiente a porre rimedio al divario nel livello dei redditi, nell’occupazione, nelle dotazioni produttive, infrastrutturale e civili”. Per la Chiesa l’impegno dello Stato deve rimanere intatto nei confronti dei diritti fondamentali delle persone, perequando le risorse per evitare che si creino di fatto diritti di cittadinanza differenziati a seconda dell’appartenenza regionale”. Questo perché nessuno nel Sud deve vivere senza speranza.Né i giovani devono sentirsi condannati a una perenne precarietà che ne penalizza la crescita umana e lavorativa esprimendo rammarico tanto per l’emigrazione verso il Nord quanto per il fenomeno del lavoro sommerso. Non possiamo che essere d’accordo con la Chiesa e i vescovi.
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