martedì 22 luglio 2008

Lodo Alfano approvato. La legge NON è uguale per tutti: il testo della legge-vergogna



Ddl Camera 1442 - Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato
Art. 1.
1. Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione[1], i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione.
2. L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale può rinunciare in ogni momento alla sospensione.
3. La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedurapenale[2], per l'assunzione delle prove non rinviabili.
4. Si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale[3].
5. La sospensione opera per l'intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura né si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni.
6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo75, comma 3, del codice di procedura penale[4]. Quando la parte civile trasferisce l'azione in sede civile, i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile[5], sono ridotti alla metà, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.
8. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.



3 commenti:

Hawkeye ha detto...

da l'Unità:

Lodo Alfano, in 25 giorni è legge Il Pd: un premier senza limiti
Casson: chiamatelo Lodo Berlusconi

Il Lodo Alfano è legge: con 171 voti a favore, 128 no e 6 astenuti l'aula del Senato ha dato il via libera al provvedimento che garantisce l'immunità alle quattro alte cariche dello Stato, presidente della Repubblica, dei presidenti delle due Camere e presidente del Consiglio, fino alla fine dell'incarico. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano l'aveva presentato come un ddl «né molto urgente né poco urgente, é semplicemente giusto». Ma l'urgenza c'è stata.

Il Lodo è arrivato infatti al Senato, e più in generale all’attenzione del Paese, con una rapidità che in campagna elettorale si diceva sarebbe stata dedicata ad altri temi. Venticinque giorni: tanti ne sono bastati al Parlamento per far diventare legge il provvedimento. L'approvazione è arrivata in un tempo decisamente breve rispetto alla media parlamentare. Varato dal Consiglio dei ministri il 27 giugno. La presentazione del disegno di legge è stata autorizzata dal capo dello Stato il 2 luglio. L'esame in commissione è iniziato alla Camera l'8 luglio per concludersi nella stessa giornata. Il giorno seguente, 9 luglio, il testo è stato posto all'ordine del giorno dei lavori dell'aula, che lo ha approvato 24 ore dopo. Le opposizioni hanno contestato la presidenza per aver anticipato l'esame del testo, malgrado in conferenza dei Capigruppo non si fosse raggiunta l'unanimità; ma Gianfranco Fini ha assicurato di aver rispettato tanto il regolamento quanto la prassi. Immediato il passaggio in Senato: a Palazzo Madama, il testo del lodo Alfano è stato esaminato in due giorni dalla commissione, dal 15 al 17 luglio.

Martedì 21 luglio in Aula, in meno di mezz’ora, la maggioranza ha respinto tutti e 58 gli emendamenti presentati dall’opposizione. E ha chiesto il dialogo, per lavorare a «un confronto in autunno sulla riforma della giustizia». Ma la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro dice chiaramente che sembra che «l'intenzione della maggioranza sia di costruire un sovrano senza limiti e francamente non mi convince». Per questo, ribadisce, «è ben difficile che si possa trovare un filo comune di ragionamento».

La capogruppo del Pd nel dichiarare il «convinto no» del suo gruppo sottolinea il superamento di un limite da parte di chi beneficia dell' immunità che riguarda il fatto, in base alla Costituzione, che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. «Si tratta una novità. Fino a questo momento il nostro ordinamento ha regolato ipotesi di immunità e prerogative solo per fatti commessi nell'esercizio della funzione» osserva Anna Finocchiaro che sottolinea come «ciò che è tutelata è la funzione e gli atti ad essi correlati, i cosiddetti atti funzionali, e che per il resto ogni potere, tutti i poteri, a cominciare da quelli del Presidente della Repubblica, incontrano un limite». «Il limite - precisa la capogruppo del Pd - è quello che per i fatti estranei all'esercizio di quelle funzioni vige il principio di uguaglianza: tutti uguali di fronte alla legge. Oggi voi introducete una rottura del limitei».

Finocchiaro si chiede il «perché dell' ipocrisia di estendere il supermento del limite alle altre cariche delloStato». «Il Presidente del Consiglio, voi dite è sostanzialmente eletto dal popolo sovrano. Dissento, e vigorosamente, ma registro. Ma i Presidenti delle Camere? Sono eletti da maggioranze parlamentari. E così il Presidente della Repubblica. Qui il popolo non c'entra. Il popolo, lo dice la Costituzione, deve esercitare la sovranità nelle 'forme e nei limiti della Costituzione'. Invece al Presidente Berlusconi non si pone limite. E da ora in poi a nessun Presidente del Consiglio. Per qualunque reato. Anche il più brutale. Anche il più infamante».

Prima del dibattito in aula si è scagliato contro «una furia legislativa cieca, quasi iconoclasta, per approvare qualsiasi norma che possa non arrecare noia al premier, anzi al princeps» anche il senatore Pd, Felice Casson. Casson ci tiene a chiamare il Lodo con il suo nome: non Alfano, dunque, ma Berlusconi, perché «è stato lo stesso premier a dire nella lettera inviata al presidente del Senato che aveva bisogno di questo scudo protettivo ritenendolo indispensabile contro quelli che lui ha definito attacchi della magistratura».

Voto contrario anche dall'Idv: «Un ennesimo salvacondotto per la casta il provvedimento Alfano è un insulto ai cittadini e all'ordinamento democratico. Rientra nel piano della P2», ha dichiarato Felice Belisario, presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, prima del voto. E a proposito della riforma della giustizia il senatore aggiunge: «Poi si metterà sotto i tacchi la giustizia, si cercherà di imbavagliare l'informazione e si reintrodurrà l'immunità parlamentare. Mentre le nostre famiglie hanno redditi che non permettono di arrivare a fine mese e le pensioni continuano a perdere potere d'acquisto, la maggioranza pensa alla giustizia: non a quella per la tutela dei cittadini - conclude Belisario - ma al solito salvacondotto per la casta». Mentre l'Udc ha scelto l'astensione.

Dalla maggioranza invece la difesa del Lodo: «E' uno strumento che blocca l'uso politico della giustizia» ha detto in dichiarazione di voto il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, il quale ha ricordato che «Silvio Berlusconi ha dovuto aspettare undici anni per essere assolto dopo l'avviso di garanzia recapitatogli a Napoli e dodici anni per essere assolto dalle infondate accuse sul caso Sme». Gasparri ha citato poi interventi di costituzionalisti che non ravvisano nessuna violazione costituzionale. «Non vogliamo una impunità parlamentare nè immunità generalizzate ma evitare l'uso politico della giustizia. Il Lodo ha tenuto conto di tutti i rilievi della Corte Costituzionale e non sottrae nessuno al dominio della legge». Ma evidentemente il premier e le altre più alte cariche dello Stato non sono 'nessuno'.

Hawkeye ha detto...

da Repubblica:

L' immunità è legge dello Stato
"E ora la riforma della giustizia"
Belisario (Idv): "Signor tessera 1816 della P2". Finocchiaro (Pd): "E' presidenzialismo"
Gasparri (Pdl): "Chi ha vinto le elezioni ha diritto di governare con serenità"

ROMA - Settandue ore di dibattito, equamente divise tra Camera e Senato, per chiudere quattordici anni di dibattiti. E, come dice l'Italia dei Valori, "mettere a tacere sessanta anni di carta costituzionale". Alle 19.58 il lodo Alfano, lo scudo penale che vale la durata del mandato per le quattro più alte cariche dello Stato, diventa legge. L'aula del Senato approva il testo che porta il nome del ministro Guardasigilli con 171 sì, 128 no e sei astenuti. Il primo, evidente, risultato è che il processo in corso a Milano, prossimo alla sentenza di primo grado, dove Berlusconi è imputato con l'avvocato Mills di corruzione in atti giudiziari, perderà il suo principale imputato. Che viene "congelato", in attesa che finisca il suo mandato.

IL TESTO DEL LODO ALFANO

In un mese e mezzo di dibattito sulla giustizia sui giornali e fuori e dentro le aule parlamentari è stato detto tutto sulla natura e sugli effetti del Lodo. Una discussione aspra che si è mossa tra due presupposti. Il primo, condiviso anche dalle opposizioni, è quello della necessità di ritrovare un bilanciamento dopo l'abolizione dell'immunità nel 1993. Erano gli anni di Tangentopoli, in aula giravano cappi e per le strade monetine contro Craxi e con un colpo di "pancia" fu tolta l'immunità a deputati e senatori. Il secondo presupposto, solo della maggioranza, è che il premier "eletto dal popolo deve poter governare in pace e serenità senza l'assillo della magistratura in parte politicizzata".

La discussione non si è spostata da qui in queste settimane. E il dibattito di oggi al Senato ha riproposto gli stessi temi e le stesse valutazioni.

Idv: "Signor presidente, o tessera n.1816 della Loggia P2...". Il primo gruppo a prendere la parola per le dichiarazioni di voto è l'Udc che con Gianpaolo D'Alia annuncia l'astensione dicendo però che "il Lodo è come la novella di Pirandello Uno, nessuno e centomila, ovverosia quale è la realtà? Quale la funzione?". Poi prende la parola Felice Belisario, capogruppo dell'Italia dei valori, che spiega perché il Lodo "è un'eccezione e una vergogna tutta e solo italiana visto che non ha simili nelle democrazie occidentali". "Caro signor presidente del Consiglio, lei non passerà mai alla storia come statista ma per l'abilità con cui ha saputo dribblare tutti i suoi processi" dice Belisario rivolto al banco vuoto del premier. "Oppure preferisce - continua - essere chiamato singor n.1816 della loggia P2...". L'aula insorge, Schifani la tiene a bada. Belisario riprende la parola: "Il disegno del suo ispiratore si sta realizzando: impunità a vita, magistratura insultata e chiamata 'fogna', informazione al suo servizio e con il bavaglio, immunità parlamentare, limiti alle intercettazioni. Questo è oscurantismo, nebbia che cerca di far deviare le nostre coscienze". Più in generale il lodo è "un aborto giuridico a cui diciamo convintamente no". L'Idv promette il referendum.

Finocchiaro (Pd): "Siamo già nel presidenzialismo". Tra Pd e Idv ci sono quasi segnali di riavvicinamento dopo il grande freddo seguito salla manifestazione dell'8 luglio. Anna Finocchiaro, il cui intervento alla fine sarà a lungo applaudito da tutta l'opposizione, cita all'inizio del suo intervento "l'ottimo lavoro svolto dal senatore Ceccanti e dal senatore Li Gotti (che è dell'Italia dei valori ndr) quando hanno elencato tutti i profili di incostituzionalità del Lodo".

"Altro che possibilità di governare, questo è un presidenzialismo di fatto. Siamo alla dittatura della maggioranza che cancella l'autonomia del Parlamento" attacca Finocchiaro. Che spiega perché oggi, "e con quale ardore e frenesia", il Parlamento discute il Lodo: "Bisogna difendere la tranquillità del premier dalla perturbante insolenza di un processo cominciato anni fa, quando Berlusconi - prosegue la capogruppo del Pd- certo non rivestiva la carica di premier, e ora prossimo alla sua definizione in primo grado... Un processo iniziato per fatti estranei all'esercizio delle funzioni e che Berlusconi considera condotto da chi infiltrandosi nella magistratura usa la magistratura italiana per sovvertire la democrazia". Per Finocchiaro è stato "rotto ogni limite per favorire il premier" visto che la nostra Costituzione già prevede lo scudo penale per le cariche dello stato "per reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni". Poi la chiusa che scatena gli applausi: "Signor Presidente, si diceva una volta libero Parlamento: suonava meglio, e funzionava ancora meglio".

Gasparri (Pdl): "Non violiamo la Costituzione". Tocca al Pdl chiudere le dichiarazioni di voto. Tocca al capogruppo Maurizio Gasparri che vede le cose in modo opposto: "Non violiamo nessuna norma costituzionale. Il Lodo consente a chi ha responsabilità di governo di lavorare con serenità e impegno. Chi ha vinto le elezioni ha diritto di governare", visto che il premier è stato sottoposto a decine e decine di procedimenti giudiziari che sono sempre finiti "in proscioglimenti e assoluzioni". Insomma, per Gasparri c'è "un pregiudizio da parte dei giudici" e il Lodo serve a proteggere il premier da quel pregiudizio. E' il motivo per cui da settembre in poi partirà la grande e definitiva riforma della giustizia.

Hawkeye ha detto...

Articolo di Marco Travaglio:

Ora d'aria
l'Unità, 17 luglio 2008

Mentre Robin Tremood paventa “un nuovo 1929”, Al Tappone teme un nuovo 1992. Gli son bastate tre paroline - socialista, tangenti, manette - per ripiombarlo nel più cupo sconforto. Tant’è che ha ricominciato a delirare di “riforma della giustizia”, cioè del ritorno all’immunità parlamentare. Intanto l’apposito Angelino Jolie gli ha regalato il patteggiamento gratis, con una norma del pacchetto sicurezza che consente agli imputati di patteggiare anche durante il dibattimento, anche un minuto prima della sentenza.

Così lo Stato non ci guadagna nulla, anzi perde tempo e denaro a fare i processi, e alla fine il delinquente incassa lo sconto di un terzo della pena e può cumularlo col bonus di 3 anni dell’indulto, se ha avuto l’accortezza di delinquere prima del maggio 2006. Come per esempio, se sarà ritenuto colpevole, il fido avvocato Mills. Se fosse italiano, sarebbe già deputato. Essendo inglese, deve accontentarsi del patteggiamento omaggio: potrà comodamente concordare una pena simbolica, evitare il carcere e soprattutto una sentenza motivata che spieghi chi gli ha dato i soldi (quello che lui, nella famosa lettera, chiama "Mr.B.", e s’è appena messo al sicuro col lodo Alfano).

Questo indulto-bis, che eviterà la galera ai condannati fino a 9 anni, sempre all’insegna della sicurezza, è stato denunciato da Di Pietro, mentre qualche buontempone del Pd parlava addirittura di dire qualche sì al pacchetto, anzi al pacco. E’ il caso del sagace Pierluigi Mantini, che all’indomani dell’arresto di Del Turco s’è precipitato a rendergli visita nel carcere di Sulmona a braccetto col senatore Pera. I due apostoli del garantismo sono specializzati nel precetto evangelico “visitare i carcerati”, ma solo se c’è dentro qualche membro della Casta. Mai che gli scappi, per dire, una visitina a un tossico. Del Turco è in isolamento per tre giorni, dunque non può ricevere né parenti né avvocati. Ma, pover’uomo, gli tocca sorbirsi Mantini e poi Pera. I quali, per aggirare l’isolamento, si sono inventati su due piedi un’”ispezione al carcere di Sulmona”: un’irrefrenabile esigenza nata, guardacaso, proprio con l’arresto del governatore. “La presenza del presidente Del Turco - ha spiegato Mantini, restando serio - è stata un motivo in più per procedere all’ispezione di un carcere che tengo particolarmente monitorato”. Ma certo, come no.

En passant, dopo aver ragguagliato la Nazione sulla colazione del governatore, l’onorevole margherito domanda “se vi siano concreti pericoli di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato”. Ottima domanda, se non fosse che non spetta ai deputati rispondere, ma al gip (che ha già risposto di sì), poi al Riesame e alla Cassazione. Altri, come Il Giornale e l’acuto Capezzone, inorridiscono perché Del Turco “è trattato come un boss mafioso”. Ma la legge prevede l’isolamento non solo per i boss, bensì per chiunque possa, comunicando con l’esterno, influenzare i testimoni (e Del Turco aveva già tentato di inquinare le prove contattando addirittura il Procuratore generale d’Abruzzo). Con buona pace di Bobo Craxi, per il quale “la custodia cautelare e l’isolamento sono misure erogate ai criminali, non agli eletti dal popolo”. Ma l’una cosa non esclude l’altra, come lui dovrebbe sapere. Quello con le mèches racconta sul Giornale che nel ‘93 finì in carcere l’intera giunta abruzzese, dopodichè furono “tutti assolti con formula piena”. Storie: ci volle la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio non patrimoniale per salvare gli assessori, mentre il presidente di allora, Rocco Salini, fu condannato in Cassazione per falso (s’erano dimenticati di depenalizzare anche quello), dunque promosso deputato da FI, prima di andare ad arricchire la collezione di Mastella.

Pure Al Tappone millanta un’assoluzione mai avvenuta: la sua a Tempio Pausania dall’accusa di abusivismo edilizio a villa La Certosa. Forse non sa che in quel processo non era imputato lui, ma il suo amministratore Giuseppe Spinelli; e che il processo è finito nel nulla non perché si fondasse su un “teorema”, ma grazie anche a vari condoni, almeno uno varato dal suo governo. Resta da capire perché, con tutti i processi che ha, se ne inventi di inesistenti. Forse sono i suoi avvocati che abbondano un po’ sul numero, e soprattutto sulle parcelle: “Eh, Cavaliere, ci sarebbe poi quel processo a Vipiteno per furto di bestiame, una storia bruttina, ma pagando il giusto sistemiamo tutto noi…”. O forse i processi se li aggiunge lui, per fare bella figura.