Per “lesa maestà” il centrosinistra contro Lorenzo Ria. Strane giornate politiche queste!
Di spada, di sciabola, di fioretto e di primi affanni elettorali. La Provincia in carica fa agonismo d’inaugurazioni.
Fine mandato e compaiono le opere, anche se incomplete, se da cominciare, va bene lo stesso, come la Casa delle Donne presentata, all’indomani del seppellimento delle primarie, nella desolazione dell’ex Liceo Musicale Tito Schipa. Intanto, la biblioteca Bernardini ha ‘ritrovato’ la sua antica dimora, ma non ancora un destino nuovo. Cerrate, che per tutta la mission di Pellegrino è stato bene in disarmo, trova nell’accordo con il FAI possibile lustro e futuro (speriamo, che al più presto tolgano quei fastidiosi recinti di plastica arancione davanti alla facciata della chiesa, un po’ di pulizia intorno e già basterebbe, in cinque anni non son riusciti a farlo). Per Torcito s’è fatto il marchio/spot di qualità ma nulla di più, peccato capitale di questa amministrazione che non ha saputo voltare la piega e il brutto destino di quella che era stata progettata per diventare residenza di ricerca e di proposta culturale, “Parco” simbolo di quello più vasto dell’intero Salento. Sforzo vano cablare in rete le due Masserie, illuminare i vialetti che portano nel grande parcheggio esterno, recuperare l’antica bellezza coniugandola con la speranza del contatto con il Mondo. Nel frattempo non funziona più niente, sapete l’incuria consuma anche la buona volontà. Cosucce di cui non s'accorgono. (Ma non vanno mai in giro?) Come non si accorgono di tanti altri piccoli (e grandi) guai che con innocenza e candore hanno commesso, che è meglio forse tacere per non risultare pedanti.
Insomma il Salento, che in tanti avevamo sperato, non c’è più. Liquidata la particolarità territoriale, soffocato ogni motivo di differenza, inseguendo mire estranee alla sua natura e legittimazioni vagamente “mondane” ubriacate con il Negramaro annacquato dalla vanagloria del riconoscimento dell’Unesco.
All’inseguimento dei numeri e di un turismo indeterminato! Ricco, quanto più ricco possibile! Che non serva ‘Salento in bus’, che non servano le littorine della Sud Est. Neanche con i camper vi ci vogliamo! Via i punkabbestia, le dance hall e via discorrendo!
Un disastro! Provocato dalla saccenteria e dall’improvvisazione di una classe dirigente non all’altezza del compito. Una classe dirigente di provincia (è il caso di dirlo) che, nonostante la sua lunga stagione romana, il Presidente non ha saputo tenere a bada nelle derive personalistiche, alla ricerca di vuota visibilità e mai di rigore.
“Provincia è anche l’oggetto di una violenza, di uno sfruttamento intellettuale perpetrato da chi ha interesse che sia così e solamente così: violenza e sfruttamento sulla cultura locale, che è mortificata e degradata da una sempre continua concentrazione di potere culturale”, così scriveva Antonio Verri nel maggio del 1977 e continuava tra parentesi “(pure se adesso il discorso sta cambiando grazie all’opera di pochi)”.
L’opera dei pochi da allora è diventata di molti, lavoro comune di tanti, tantissimi ma oggi, di nuovo, miseramente, per volontà politica ridotta ai pochi, anzi ai pochissimi: gli “eletti” accolti come espressione di tutti in un epoca in cui si sprecano le parole ‘partecipazione’, ‘cittadinanza attiva’, ‘società civile’, ‘sostenibilità’… Parole appunto, soltanto. Con sostanza d’un operare politico capace, certo, determinato.
Di chi la responsabilità? Di una classe dirigente che oggi dice ‘vergognati!’ alla persona che più di tutte ha lavorato e ha dato intuizioni a questo territorio.
Lorenzo Ria, da Presidente della Provincia di Lecce, è stato motore politico d’una rinascenza ormai miseramente portata all’epilogo. Certo la sua uscita con il Centrodestra, nel Pdl, sconcerta. Crediamo sia una sorta di suicidio politico, ma staremo a vedere come quell’elettorato l’accoglierà. Una scelta che spiega l’amarezza e il mal d’animo che in più occasioni ha espresso e che non è, a mio avviso, politico, ma di sfiducia profonda nei riguardi degli uomini che sino a ieri erano suoi sodali nel Pd.
Quella classe dirigente che non fa nessuna autocritica, che ha fallito nel momento in cui ha perso un esponente sino al giorno prima considerato di valore, non ha saputo trattenerlo, valorizzarlo, dargli ruolo. Perché? E allora, vergogna a chi?
Fine mandato e compaiono le opere, anche se incomplete, se da cominciare, va bene lo stesso, come la Casa delle Donne presentata, all’indomani del seppellimento delle primarie, nella desolazione dell’ex Liceo Musicale Tito Schipa. Intanto, la biblioteca Bernardini ha ‘ritrovato’ la sua antica dimora, ma non ancora un destino nuovo. Cerrate, che per tutta la mission di Pellegrino è stato bene in disarmo, trova nell’accordo con il FAI possibile lustro e futuro (speriamo, che al più presto tolgano quei fastidiosi recinti di plastica arancione davanti alla facciata della chiesa, un po’ di pulizia intorno e già basterebbe, in cinque anni non son riusciti a farlo). Per Torcito s’è fatto il marchio/spot di qualità ma nulla di più, peccato capitale di questa amministrazione che non ha saputo voltare la piega e il brutto destino di quella che era stata progettata per diventare residenza di ricerca e di proposta culturale, “Parco” simbolo di quello più vasto dell’intero Salento. Sforzo vano cablare in rete le due Masserie, illuminare i vialetti che portano nel grande parcheggio esterno, recuperare l’antica bellezza coniugandola con la speranza del contatto con il Mondo. Nel frattempo non funziona più niente, sapete l’incuria consuma anche la buona volontà. Cosucce di cui non s'accorgono. (Ma non vanno mai in giro?) Come non si accorgono di tanti altri piccoli (e grandi) guai che con innocenza e candore hanno commesso, che è meglio forse tacere per non risultare pedanti.
Insomma il Salento, che in tanti avevamo sperato, non c’è più. Liquidata la particolarità territoriale, soffocato ogni motivo di differenza, inseguendo mire estranee alla sua natura e legittimazioni vagamente “mondane” ubriacate con il Negramaro annacquato dalla vanagloria del riconoscimento dell’Unesco.
All’inseguimento dei numeri e di un turismo indeterminato! Ricco, quanto più ricco possibile! Che non serva ‘Salento in bus’, che non servano le littorine della Sud Est. Neanche con i camper vi ci vogliamo! Via i punkabbestia, le dance hall e via discorrendo!
Un disastro! Provocato dalla saccenteria e dall’improvvisazione di una classe dirigente non all’altezza del compito. Una classe dirigente di provincia (è il caso di dirlo) che, nonostante la sua lunga stagione romana, il Presidente non ha saputo tenere a bada nelle derive personalistiche, alla ricerca di vuota visibilità e mai di rigore.
“Provincia è anche l’oggetto di una violenza, di uno sfruttamento intellettuale perpetrato da chi ha interesse che sia così e solamente così: violenza e sfruttamento sulla cultura locale, che è mortificata e degradata da una sempre continua concentrazione di potere culturale”, così scriveva Antonio Verri nel maggio del 1977 e continuava tra parentesi “(pure se adesso il discorso sta cambiando grazie all’opera di pochi)”.
L’opera dei pochi da allora è diventata di molti, lavoro comune di tanti, tantissimi ma oggi, di nuovo, miseramente, per volontà politica ridotta ai pochi, anzi ai pochissimi: gli “eletti” accolti come espressione di tutti in un epoca in cui si sprecano le parole ‘partecipazione’, ‘cittadinanza attiva’, ‘società civile’, ‘sostenibilità’… Parole appunto, soltanto. Con sostanza d’un operare politico capace, certo, determinato.
Di chi la responsabilità? Di una classe dirigente che oggi dice ‘vergognati!’ alla persona che più di tutte ha lavorato e ha dato intuizioni a questo territorio.
Lorenzo Ria, da Presidente della Provincia di Lecce, è stato motore politico d’una rinascenza ormai miseramente portata all’epilogo. Certo la sua uscita con il Centrodestra, nel Pdl, sconcerta. Crediamo sia una sorta di suicidio politico, ma staremo a vedere come quell’elettorato l’accoglierà. Una scelta che spiega l’amarezza e il mal d’animo che in più occasioni ha espresso e che non è, a mio avviso, politico, ma di sfiducia profonda nei riguardi degli uomini che sino a ieri erano suoi sodali nel Pd.
Quella classe dirigente che non fa nessuna autocritica, che ha fallito nel momento in cui ha perso un esponente sino al giorno prima considerato di valore, non ha saputo trattenerlo, valorizzarlo, dargli ruolo. Perché? E allora, vergogna a chi?
Nessun commento:
Posta un commento